Orfeo ed Euridice. Conferenza della filologa Paola Radici Colace
La cornice della terrazza panoramica sullo Stretto è il magico scenario per le indimenticabili Notti d’Estate al MArRC con le aperture straordinarie del giovedì e del sabato, dalle 20.00 alle 23.00, con un biglietto speciale d’ingresso al costo di soli 3 euro.
Giovedì 29 agosto, alle ore 21.00, il meraviglioso “salotto all’aperto” del Museo ospiterà la filologa Paola Radici Colace, docente all’Università degli Studi di Messina, presidente onorario e direttore scientifico del Centro Internazionale Scrittori della Calabria, per una conferenza sul tema: “Orfeo ed Euridice: la perdita, l’assenza e il lutto. Dai Greci alla musica e alla pittura”.
L’incontro è il settimo del Ciclo “Vita, morte e viaggio nella mitologia classica: letteratura, iconografia, musica”, e sarà accompagnato da video proiezioni.
Introdurranno: il direttore del Museo Carmelo Malacrino e la presidente del CIS Calabria Loreley Rosita Borruto.
«Il mito di Orfeo ed Euridice è una narrazione drammatica ed esemplare della perdita, dell’assenza e del lutto», afferma Radici Colace. «Il focus del suo tessuto narrativo, che è stato trattato in varie discipline e sotto diversi codici, nel corso della civiltà occidentale, sarà la comunicazione musicale e figurativa. A partire da “L’Orfeo” di Monteverdi (1607), primo vero capolavoro del melodramma italiano, la vicenda del mitico cantore è stata declinata in varie forme: l’azione drammatica musicata “Orfeo ed Euridice” (1762) di Christoph Willibald Gluck; l’opera musicale “L’anima del filosofo, ossia Orfeo ed Euridice” (1791) di Franz Joseph Haydn; il poema sinfonico “Orpheus” (1853-54) di Franz Liszt; l’opera buffa “Orphèè aux Enfers” (1858) di Charles Offenbach; il balletto “Orpheus” (1947) di Igor Stravinskij».
In epoca contemporanea, le interpretazioni di Maria Callas e Roberto Vecchioni hanno segnato in modo speciale la storia musicale del mito.
Il racconto del legame d’amore spezzato prematuramente tra i due giovani sposi, che cercano di superare il confine tra la vita terrena e l’Aldilà, ha suggestionato artisti e scrittori di ogni epoca ed è, dunque, ricorrente anche nella tradizione iconografica. La fanciulla, mentre cerca di sfuggire alle seduzioni di Aristeo, calpesta un serpente velenoso che la morde uccidendola. Orfeo, folle di dolore, decide di scendere agli Inferi per recuperare l’amata, convincendo con la sua musica melodiosa Caronte a traghettarlo. Al cospetto di Ade e Persefone, esprime con il canto e la cetra la sua sofferenza, commuovendo i Signori degli Inferi al punto da concedergli di riportare Euridice nel mondo dei vivi, a condizione di precederla nella risalita senza mai voltarsi a guardarla finché non fosse uscito dall’Oltretomba. Nel sospetto di essere stato ingannato, l’eroe degli Argonauti cede alla tentazione di voltarsi, perdendo così l’amata per sempre.
«Nella pittura moderna – dice Radici Colace – ricordiamo in particolare la rappresentazione di Charles Jalabert delle ninfe che ascoltano incantate la musica di Orfeo (1853), la morte di Euridice in Ary Schefferl (1814), l’angoscia di Orfeo sulla tomba dell’amata in Gustave Moreau (1891), la discesa agli Inferi di Jean Restout, la scena della richiesta al trono di Ade e Persefone di Jean Raoux (1718-’20), la risalita dall’Ade di Jean-Baptiste-Camille Corot (1861), la promessa violata a Persefone e Ade nell’istante del voltarsi indietro ritratta dai pennelli di Pieter Paul Rubens (1636-38), il famoso Mito di Orfeo di Marc Chagall (1977)». Il romantico olio su tela di George Friederic Watts (1872) raffigura “Orfeo ed Euridice” in una sintesi narrativa drammatica, intensa e avvincente, dell’amore passionale tra i due ragazzi e, insieme, del suo tragico finale.
Per la studiosa, i capolavori nella scultura sono: il gruppo marmoreo in due blocchi opera di Antonio Canova (1773-76) e la statua di Auguste Rodin (1893). Raffigurano Orfeo seguito da Euridice nel momento topico in cui il mitico cantore si volta indietro e comprende in un lampo di stare così per perdere per sempre l’amata: per la disperazione Orfeo poggia la mano sulla testa, mentre Euridice, con il capo verso l’alto, è già avvinta dal destino e dalle fiamme dell’Ade.